Il popolo Hmong ha origini straordinariamente antiche, risalenti forse addirittura all'ultima glaciazione,
che potrebbero essere collocate nelle zone settentrionali dell'Asia. Anche sulla scorta dei racconti tradizionali, che
narrano di luoghi estremamente freddi e bui per almeno sei mesi l'anno, è possibile fare riferimento ad una
provenienza siberiana o forse anche mongola seguita, in tempi ancora remoti, da una migrazione verso la Cina. I
Hmong, infatti, sono un'etnia cinese che tradizionalmente vive nelle regioni meridionali del Paese.
Si tratta di una popolazione per lo più agricola, dedita originariamente all'agricoltura itinerante, che era
diffusa nei tempi più antichi in tutta la Cina e che consiste nel bruciare piccole porzioni di foresta per rendere
accessibile il terreno sottostante alla coltivazione e usufruire allo stesso tempo delle ceneri del legno come
fertilizzante. Attraverso questa tecnica – che rende necessariamente nomade lo stile di vita di chi la pratica, sia per
il carattere non permanente della deforestazione, sia per il progressivo impoverimento del suolo – venivano
prodotti soprattutto miglio nelle regioni settentrionali, tuberi e alberi da frutto in quelle meridionali e costiere e
riso nella pianura tra i fiumi Huai Ho e Yangtze.
L'introduzione del sistema di irrigazione durante la dinastia Chou (1050 – 265 a. C.) ebbe la duplice
conseguenza di rendere l'agricoltura sedentaria ed immediatamente più produttiva, tanto da determinare un
massiccio aumento demografico nella popolazione cinese e la successiva necessità di espansione territoriale, che
mise a capo una campagna di conquista ai danni dei gruppi autoctoni vicini. Le popolazioni locali, tra cui i
Hmong, vennero quindi spinte sulle montagne dove, in parte e per quanto possibile, adottarono il nuovo sistema
agricolo cinese, ma in misura maggiore persistettero nell'esercizio della coltura estensiva di sussistenza.
La dipendenza dei Hmong dai Cinesi non si esauriva nell'ambito politico e amministrativo, ma
interessava anche quello economico, avendo la migrazione forzata influito sensibilmente sul sistema produttivo
hmong: i primi ricevevano soprattutto sale e pesce dai secondi, dando loro in cambio legname e prodotti
artigianali. Nel complesso, l'economia dei Hmong, pur restando prevalentemente agricola con indispensabili
adattamenti (introduzione del mais, diffusione di legumi e predominanza, in alcuni casi, di sorgo e grano
saraceno), si diversificò nella caccia e si orientò sistematicamente all'allevamento (bufali d'acqua, maiali, cavalli,
capre ecc., ma anche api e bachi da seta in sostituzione della coltivazione della canapa, una delle tradizionali
occupazioni femminili) per ovviare alla ridotta disponibilità e alla scarsa qualità del terreno utilizzabile.
Dal 1800 circa, poi, a fronte dell'ulteriore respingimento verso le zone montane, fu avviata, da vari gruppi
etnici autoctoni, la produzione massiccia e abituale del papavero da oppio, che veniva praticata in Cina già da
circa sei secoli prima di Cristo, ma che fino ad allora aveva occupato solo un numero ristretto di agricoltori cinesi
stanziati nelle zone collinari. I Hmong, limitati nel soddisfacimento della necessità interna di cereali e vincolati
all'approvvigionamento esterno di beni non soltanto alimentari, si risolsero dunque per la coltivazione, esente da
particolari difficoltà, di un prodotto facilmente trasportabile lungo i sentieri montani e, soprattutto, molto richiesto
ed utilizzabile come pura valuta di scambio. La coltura del papavero da oppio registrò, poi, una drastica riduzione
alla fine del secolo, a seguito della violenta repressione cinese dell'insurrezione hmong, e sopravvisse in Cina in
forma sporadica, ma fu conservata da quanti emigrarono (già a partire dai primi anni dell'Ottocento) in Vietnam,
in Laos e in Tailandia, dove, come è noto, è tuttora assiduamente praticata.
Dopo la fine della guerra del Vietnam e le vicende che coinvolsero un'ampia percentuale della
popolazione hmong del Laos reclutata in parte dalla CIA e in parte dal partito comunista locale per scopi bellici
opposti, una nuova consistente migrazione interessò i Hmong del Laos e li condusse negli Stati Uniti, ma anche in
Francia, in Guyana francese, in Canada, in Argentina e in Australia.
L'etnia Hmong si configura tradizionalmente secondo i tratti tipici della società patrilineare esogamica e
patri virilocale, informata inoltre da un profondo sentimento religioso che, se da un lato non impone alcuna
obbligatorietà all'esecuzione dei riti, dall'altro ne alimenta quella che appare come una notevole adesione
spontanea. In questo contesto, quindi, è consuetudine e norma che le donne sposino uomini appartenenti ad un
clan diverso dal proprio e vadano a vivere, dopo il matrimonio, presso la famiglia del marito, entrando a far parte
del lignaggio maschile e abbandonando definitivamente quello d'origine. È infatti l'uomo che conferisce la
discendenza alla moglie e ai figli e che costituisce la famiglia, ma, a testimonianza del ruolo caratterizzante della
religione nell'organizzazione sociale, vanno notate almeno due particolarità della cultura Hmong.
Anzitutto, se il marito/padre è, secondo i Hmong, il capo della famiglia e della casa, lo è non soltanto per
ciò che ne riguarda l'amministrazione e la protezione, ma lo è soprattutto in quanto esecutore delle cerimonie
religiose ancestrali ed è, a sua volta, da tale ruolo legittimato nella sua funzione politica e familiare. Gli uomini,
dunque, si occupano della salvaguardia della tradizione religiosa del lignaggio – dal momento che ogni famiglia
ha il proprio patrimonio rituale specifico – e della sua prassi effettiva. Si tratta, però, molto più che di un
privilegio, di una vera e propria responsabilità contemporaneamente verso gli avi, che sono onorati e ricordati
nella misura in cui è loro dovuta la vita, e verso i discendenti, nei confronti dei quali si diventerà a propria volta
antenati desiderabilmente meritevoli di deferenza. È allora questo doppio legame, insieme morale e religioso, a
nutrire una peculiare partecipazione all'esercizio rituale e forse anche a rendere non necessaria una prescrizione
religiosa vincolante in proposito.
D'altro canto la sposa, accedendo al lignaggio del marito, viene compresa a pieno titolo nel suo retaggio
spirituale e viene perciò esclusa dal proprio. Può, tuttavia, conservare il cognome, trattandosi di un indicatore
dell'appartenenza biologica, di secondaria importanza rispetto a quella spirituale e che in nulla ostacola o
compromette quest'ultima. In caso si divorzio o di vedovanza, infatti, la donna può tornare, se lo desidera, a vivere
presso la famiglia d'origine, ma non può condividere con essa l'abitazione perché la casa è considerata il luogo di
residenza degli spiriti della dinastia, di cui lei non fa più parte. Del resto un nuovo matrimonio è ritenuto in ogni
caso preferibile, non per ragioni economiche o di stima sociale, ma affinché l'anima della donna una volta defunta
possa essere onorata e possa reincarnarsi.

Nel sistema religioso hmong, infatti, esistono spiriti di due tipi, entrambi oggetto di venerazione. Gli uni
sono quelli degli antenati, che possono essere pregati e onorati soltanto dai loro discendenti e ai quali viene reso
omaggio, tra l'altro, con offerte di cibo e banconote e con sacrifici di maiali e buoi in specifiche circostanze, per
chiederne la protezione. Si crede, inoltre, che le anime delle donne si reincarnino in un bambino della dinastia del
marito (diventata, appunto, la loro nuova famiglia). Proprio per questa ragione una figlia rimasta nubile, benché
non porti notevole lustro ai genitori, non viene discriminata socialmente né considerata un peso economico, ma
rappresenta una possibile sventura spirituale per il futuro del lignaggio: alla sua morte, infatti, si fa spesso
eseguire un rito che impedisca la reincarnazione della sua anima, per evitare che il nubilato si trasmetta alla
generazione successiva.
Gli altri spiriti sono quelli di vari componenti della natura (alberi, fiumi, campi, rocce, animali domestici ecc.) ai
quali ci si rivolge per lo più per necessità e ricorrenze legate all'economia agricola. Per rendere possibile la
coltivazione di un nuovo appezzamento o propiziare il raccolto, a fronte di inconvenienti climatici o ambientali, in
concomitanza con una mietitura favorevole tali spiriti vengono interpellati attraverso il sacrificio di polli o il dono
di vino di riso, denaro cartaceo e incenso, oppure vengono invitati a condividere il primo raccolto di riso o mais,
che viene cucinato apposta per loro.
Le credenze religiose trovano posto, infine, anche nell'educazione dei figli. Le figlie vengono avviate alla
vita adulta dalla madre che si cura di trasmettere loro soprattutto la tradizione delle attività e delle pratiche
concrete caratteristiche della cultura hmong, essendo l'operosità il principale apporto che le donne offrono ad una
società patrilineare. I maschi, invece, vengono educati dal padre, la cui prima preoccupazione è quella di rendere i
figli adeguati e competenti rispetto ai doveri religiosi. La distinzione sessuale su cui poggia la struttura sociale, del
resto, è ribadita già alla nascita dei figli quando si usa seppellire la placenta in luoghi diversi della casa, in base al
genere del neonato. Ciascuno dei luoghi scelti indica simbolicamente il futuro ruolo sociale del bambino,
esclusivamente sulla scorta della sua appartenenza sessuale.
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